Sono stata in silenzio per più di due mesi, disattendendo i propositi con i quali il blog era nato. Torno il giorno dopo il mio compleanno, durante un giovedì di maggio all’insegna del 30 + 1. Come mai ho tenuto fermo questo spazio, e la pagina Facebook, per così tanto tempo? Perché mi ero accorta che stavo parlando perché dovevo, perché delle regole, più o meno scritte, mi imponevano di essere presente, creativa, costantemente reperibile e produttiva.
Avevo anche bisogno di acquisire fiducia in me stessa fuori dalle mura di questo sito e dall’orticello della pagina Facebook. Nel bene o nel male sono molto trasparente e non ho mai nascosto di avere poca confidenza con il mio effettivo valore professionale, di essere morbosamente attaccata all’immagine dell’errore in corso d’opera come fallimento. In questi mesi sono riuscita a spazzarla via, a capire che il perfezionismo assoluto è il nemico peggiore non solo della serenità nel lavoro quotidiano, ma anche del buon risultato.
Ho imparato ad ascoltarmi o, per meglio dire, ad auscultarmi, ovviamente senza lo strumento medico ad hoc ma con lo stesso concetto, con l’obiettivo di isolarmi dai rumori esterni inutili e di accogliere – le due u si prestano perfettamente allo scopo – le emozioni, anche quelle meno belle.
Ho imparato tantissimo su me stessa e sull’anima del mio lavoro, ho capito che, per scrivere bene, non bisogna lasciarsi prendere dalla fretta e dalla smania di esserci. Sprecare le parole, in un mondo dove il rumore a volte è assordante, è un vero peccato. L’ho capito come mai prima in questi mesi, durante i quali ho avuto a che fare con persone smaniose di fatturare senza pensare che, per riuscirci, il contenuto deve arrivare alle corde più profonde del target.
Il consiglio che voglio dare a chi, dopo tanto tempo, ha deciso di tornare a trovarmi su questi schermi, è di non aver paura. Non trovare le parole è normalissimo e, per certi versi, anche sano. Raccontare online il proprio business con testi efficaci è una cosa molto seria e non vale la pena di buttarsi nella mischia solo perché lo richiedono gli algoritmi e i guru. Molto meglio, a mio avviso, respirare, auscultarsi e ascoltarsi, accogliere, selezionare e parlare quando si è davvero pronti.
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