Forte dell’adagio che ricorda di parlare solo quando si ha qualcosa di interessante da dire, dopo un silenzio non certo breve metto nero su bianco un post nato da un filo di indignazione. Tutto è nato quando, qualche giorno fa, un contatto di LinkedIn – persona che lavora da anni nel settore del web marketing – mi ha inviato un messaggio privato per pubblicizzare un suo corso (attenzione, non sto parlando di una campagna a pagamento).
Fino a qui, nulla di male. L’intenzione di per sé è buona, dal momento che tutto è partito da una persona con cui in passato ho scambiato messaggi e della quale ho apprezzato i contenuti. Peccato che… abbia esordito facendo riferimento alle mie “pubblicazioni” e agli “aggiornamenti”. Cosa non va in questo, invece? Il fatto che, fino ad oggi, il mio blog – l’unica vetrina su cui scrivo con il mio nome – era fermo al 7 settembre.
Per quanto riguarda gli aggiornamenti, è più di un anno che,per scelta, non condivido alcuna novità sul mio lavoro e sulle collaborazioni. Ho deciso di puntare solo sul brand sia per motivi di riservatezza, sia per non legare il mio percorso professionale a progetti e persone che, dopo l’entusiasmo iniziale, si sono rivelati delutenti.
Cosa mi ha lasciato il messaggio
Questo messaggio mi ha lasciato un sapore profondamente amaro in bocca. Il motivo riguarda il fatto che questa persona non ha speso neppure un minuto a studiare i cambiamenti, non certo piccoli, relativi alla mia promozione online. La mia figura è stata inserita in un lungo elenco di destinatari di un messaggio copia e incolla con un contenuto indubbiamente utile. Il problema è che, a causa delle modalità di invio, non posso che leggerlo con un velo di pregiudizio.
Cosa mi ha ricordato questa situazione
Come in tutti i casi che mi vedono davanti a situazioni che mi procurano non poco disappunto, anche in questo ho cercato di tirar fuori qualcosa di utile dal cassetto della memoria. In questo caso è tornata a galla un’immagine tanto semplice quanto diretta: due amici che conversano al tavolo di un bar sorseggiando una cioccolata fumante (visto il clima, direi che va benissimo).
In questi frangenti, ci si metterebbe mai a congratularsi con il proprio interlocutore per progressi professionali mai avvenuti? Assolutamente no. Dissimulare un interesse effettivo espone solo al rischio di passare come persone poco sincere, per nulla interessate alla storia e alle esigenze di chi si ha davanti.
Essere sinceri e genuini è fondamentale nella vita e nel modo in cui interagiamo online creando contenuti (faccio un distinguo anche se, di base, non mi piace pensare al web come a una bolla lontana dalla nostra quotidianità). I contenuti di un messaggio privato su un social, così come quelli di una conversazione al bar davanti a una cioccolata, possono rivelarsi decisivi per il futuro di una persona e per le sue scelte professionali e formative (vedi p.e. la decisione di comprare o meno un determinato corso).
Se in tutto questo non si dà spazio a cura nei confronti dell’altro (mi informo davvero su chi sei e su cosa fai e cerco di arrivare preparato prima di presentarmi davanti a te e di fare un passo verso la tua sfera privata o professionale) le parole perdono consistenza. Tale deriva, personalmente, mi fa molta paura.
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